Tappa di Padova: Territori responsabili e generativi

di Blerina Brami e Silvia Carbone

Il 12 aprile 2019 presso l’Aula Nievo del Palazzo Bo dell’Università degli Studi di Padova si è svolta la nona tappa del Giro d’Italia della CSR “I Territori della sostenibilità”, e la prima cosa che ti colpisce vendendo l’aula piena è l’eterogeneità delle persone che stanno partecipando all’evento. Grandi e piccoli imprenditori, politici, docenti, rappresentanti del Terzo Settore, commercianti, giovani, ecc. Una domanda potrebbe venire in mente: “Cosa tiene unite tutte queste persone insieme?”. E basta ascoltare i primi interventi del convegno per capire che il filo rosso che lega tutte queste persone e professionalità differenti è proprio il concetto di territorio della sostenibilità, inteso come quella capacità di declinare la sostenibilità nello sviluppo del territorio stesso.

Come sostiene Rosella Sobrero, Gruppo promotore “Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale”, l’articolare questo grande evento nazionale dedicato alla sostenibilità in ben 12 tappe ci permette quasi di ripercorrere fisicamente i territori della sostenibilità, ma anche di cogliere e accogliere le diverse idee, buone prassi e suggestioni che ognuno di questi diversi territori sta cercando di realizzare.

Le buone prassi ci permettono di promuovere la ricerca di un “bene comune”, esattamente come auspica Guido Mosca, Presidente di Veneto Responsabile.

I lavori sono stati aperti con i ringraziamenti della Prof.ssa Patrizia Messina, Direttrice del Centro Interdipartimentale di Studi Regionali “Giorgio Lago” dell’Università degli Studi di Padova, che ci invita ad esplorare la dimensione territoriale in modo da riuscire ad individuare le piccole imprese da intercettare per favorire uno sviluppo territoriale, realizzabile e possibile solo se ci si mette a sistema e se si fa rete.

Dopo i saluti di Francesca da Porto, Prorettrice dell’Università degli Studi di Padova e referente RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile – che ha invocato di mettere la sostenibilità come leva al cambiamento diffuso, anche Giuliana Coccia, Segretariato ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – riporta l’importanza del ruolo chiave delle piccole imprese nello sviluppo del territorio. In seguito focalizza il suo discorso sulla sostenibilità, facendo una panoramica sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e dello stato attuale della loro applicazione in Italia. Interessante è la definizione che da del ruolo di AsviS, quello di fare da “forchettone”, di stimolare e solleticare le istituzioni, per rendere la sostenibilità un business.

Nella prima sessione di “Spazio alle esperienze” abbiamo ascoltato le aziende che ci hanno raccontato come modificano le loro strategie per renderle sempre più sostenibili; abbiamo ascoltato i politici che hanno riportato alcune esperienze di sostenibilità molto importanti avviate direttamente nei loro territori che hanno stimolato la riflessione sul come gestire le nuove istanze e criticità, e su come continuare ad attivare percorsi che investano sulla sostenibilità.

Nell’ascolto delle esperienze di sostenibilità quotidiana che vivono alcune imprese, il racconto di Antonio Bortoli, direttore generale di Lattebusche, si colloca come una delle iniziative in grado di portare qualcosa di competitivo e di innovativo. Il segreto di Lattebusche è stato proprio quello di fare delle scelte che vanno contro corrente, come quella di pagare il latte in base alla qualità dotandosi di certificazioni che oltre a rispettare le leggi, salvaguardino anche l’ambiente.

Un altro contributo esperienziale è stato quello che racconta con passione Pierantonio Sgambaro, presidente della Sgambaro, che ha ricercato la sostenibilità non solo nel piccolo chicco di grano, ma in particolar modo all’interno delle aziende stesse. Perché sulla tavola non arriva solo la pasta, ma anche tutti quei valori che l’azienda fa suoi nella produzione e che educano al consumo responsabile.

Nel parlare di piccole aziende però bisogna anche ricordare il ruolo che svolgono le grandi aziende, ed è proprio Carla Quaranta di Enel Italia che con la sua struttura capillarmente distribuita sul territorio nazionale, presenta il suo programma nazionale di volontariato, teso proprio ad intercettare le criticità dei singoli contesti. In questo senso il volontariato è inteso come il tentativo di “farsi vicino” ai territori e di divenire veicolo per uno sviluppo sostenibile, basato sulla diffusione di valori condivisi da integrare all’interno del business.

Valori che necessariamente vanno diffusi e devono modificare le nostre abitudini di consumo, in modo da soddisfare i nostri bisogni senza rovinare il futuro di chi verrà dopo, come ha aggiunto Carlos Veloso dos Santos, direttore generale di Amorim Cork Italia, azienda che ha promosso una raccolta a livello nazionale di tappi di sughero usati, e che sostiene economicamente attività socialmente utili.

All’interno di questo grande apparato non si può trascurare il ruolo degli intermediari finanziari, ed è Simone Grillo di Banca Etica che parlando di trasparenza, partecipazione, sobrietà, ci invita a volgere lo sguardo all’interesse “non economico” delle azioni finanziarie, ovvero all’interesse verso l’Altro.

Ma la responsabilità sociale di impresa deve necessariamente confrontarsi anche con gli enti, e l’Assessora del Comune di Padova con delega sociale, Marta Nalin, sottolinea il ruolo di co-progettazione e di facilitatore dell’ente pubblico, con l’obiettivo ultimo di garantire insieme interessi diversi, non solo di mercato, ma anche di uguaglianza e parità.

Un esempio concreto che va in questa direzione è quello riportato da Franco Balzi, sindaco di Santorso, un piccolo comune di circa 6 mila abitanti, dove grazie ad un processo di governance la comunità e le istituzioni sono riusciti a trasformare le idee dei cittadini in progetti per proteggere il territorio e per favorire l’inclusione sociale e il benessere sociale.

A ricordarci infine che la sostenibilità dipende da ciascuno di noi è Livio Vianello accompagnandoci dolcemente nella lettura di uno stralcio di “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono.

Questa dimensione individuale viene ripresa da Giampietro Vecchiato docente dell’Università di Padova, che coglie nelle singole individualità la visione comunitaria dell’agire responsabile apprendo in questo modo lo spazio alle idee e al confronto.

Ma le persone sono pronte al cambiamento? Come sottolinea Paolo Gubitta dell’Università di Padova, le nuove generazioni reclamano oggi con maggior consapevolezza comportamenti sostenibili, ma dobbiamo dunque chiederci se anche le imprese sono pronte a cambiare. Non tutte purtroppo sembrano aver colto la portata e le conseguenze di questo cambiamento di orizzonti e di interessi, eccetto quelle che grazie alla legge 208 del 28 dicembre 2015 hanno scelto di diventare Società Benefit. Una nuova forma giuridica d’impresa in grado di socializzare una parte del loro valore generato con gli stakeholders presenti sul territorio.

Ed è proprio quest’ultimo attore, il territorio, che secondo Luciano Gallo direttore dell’UTI Valli e Dolomiti Friulane, ritorna ad assumere il ruolo di protagonista attivo chiamato a generare valore pubblico attraverso l’adozione di nuovi strumenti, nuovi paradigmi e nuove regole che insieme inneschino processi generativi di benessere comunitario e condiviso.

Viene incredibilmente difficile chiudere una giornata come questa, dove il confronto tra esperienze e punti di vista differenti danno vita ad ulteriori riflessioni e interrogativi, ma a cercare di creare un ordine discorsivo e teorico è ancora una volta la Prof.ssa Patrizia Messina che ci sollecita a riconoscere in primis la responsabilità delle decisioni che noi stessi prendiamo e non prendiamo. Viviamo in un contesto dove l’individuo è forte e pertanto, afferma la prof.ssa Messina, c’è un problema epistemologico che rende non sempre facile il passaggio dall’IO all’ALTRO e al NOI. In quest’ottica mettere i territori al centro è una scelta importante perché significa riconoscere il peso del proprio IO, ma allo stesso tempo orientare tutti gli altri attori alla responsabilità, comprese le istituzioni. Spesso, infatti, quando si parla di sviluppo sostenibile si tralascia l’aspetto della sostenibilità politica ed istituzionale, che invece concentra nella figura del politico, e nel suo essere inteso come un imprenditore civile, quella capacità vera di ascoltare il territorio.

La Prof.ssa Messina conclude la nona tappa del Giro d’Italia della CSR “I Territori della sostenibilità”, invitandoci a spostare l’attenzione sul sistema di relazioni/interazioni che generano comunità responsabili. Prospettiva che cambia profondamente l’azione del policy maker e degli attori strategici dello sviluppo, chiamati ad agire non più come stakeholder (portatori di interessi contrapposti e corporativi), ma come community-holder motivati a convergere verso un sistema di valori condivisi.

 

Blerina Brami
Ha conseguito la laurea magistrale in “Politiche dell’Unione Europea” presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università degli Studi di Padova. Collabora con il Centro Interdipartimentale di Studi Regionali “Giorgio Lago”. I suoi principali temi di ricerca riguardano la Responsabilità Sociale d’Impresa e dei Territori, l’innovazione sociale e la sostenibilità.

Silvia Carbone
Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Sociologia presso l’Università di Messina nell’aprile 2012.  Attualmente è Visiting Research presso il Centro Interdipartimentale di Studi Regionali “Giorgio Lago dell’Università di Padova. Le tematiche affrontate nei suoi lavori di ricerca riguardano le problematiche inerenti le vecchie e nuove povertà e le comunità locali, cercando di offrire spunti di riflessioni per le politiche sociali, nel tentativo di facilitare i processi di inclusione e sviluppo locale.