Le voci del Comitato scientifico: intervista a Francesco Marangon

Intervista a Francesco Marangon, Professore Ordinario di Economia ed Estimo Rurale presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Udine, Delegato del Rettore per la sostenibilità, membro del Comitato scientifico del Salone della CSR.

 

L’agricoltura può essere un settore trainante per lo sviluppo sostenibile. Quali sono i trend in atto e le possibili evoluzioni future?

Per essere sostenibile l’agricoltura deve soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e di quelle future, garantendo al contempo redditività, tutela ambientale ed equità sociale ed economica. L’alimentazione e l’agricoltura sostenibili contribuiscono a tutti e quattro i pilastri della sicurezza alimentare – disponibilità, accesso, utilizzo e stabilità – e alle dimensioni della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica). Aggiungo che il settore agricolo viene da tempo guardato con attenzione proprio per la sua multifunzionalità: oltre ad assolvere la propria funzione primaria, ovvero la produzione di beni alimentari, è in grado di fornire servizi secondari (ambientali e sociali), utili alla collettività. Ci sarà sempre più attenzione istituzionale (politiche comunitarie e nazionali) e sociale (consumi e ricerca) per questi aspetti, su cui ci sono stati notevoli avanzamenti anche a livello nazionale.

Cosa si intende per bioeconomia circolare e sostenibile? Quali sono le caratteristiche di questo modello?

La bioeconomia comprende quelle attività economiche che utilizzano risorse biologiche rinnovabili del suolo e del mare – come colture agricole, foreste, animali e microrganismi terrestri e marini, residui organici – per produrre cibo e mangimi, materiali, energia e servizi. Secondo i dati elaborati dal CREA in Italia nel 2020 il fatturato stimato della bioeconomia ammonta a 316 miliardi di euro, dimostrando una tenuta alla crisi generata dalla pandemia. Un peso fondamentale nella bioeconomia italiana è rivestito dall’industria agroalimentare accanto all’industria tessile. L’Italia, insieme a Germania e Francia, ha una posizione di leadership ed è il primo paese europeo, in termini di numero di impianti per la produzione di biomateriali e prodotti chimici e farmaceutici di origine biologica. Anche il PNRR prevede interventi significativi per una bioeconomia circolare che punti alla valorizzazione a cascata di biomasse, sottoprodotti, rifiuti e reflui in prodotti e processi che integrino trasversalmente i diversi settori produttivi del territorio.

Qual è la situazione del Friuli Venezia Giulia rispetto al modello della bioeconomia circolare?

Il Friuli Venezia Giulia era stato sede tra le due guerre di una delle prime industrie bioeconomiche nazionali capaci di valorizzare la componente cellulosica del legno e della canna in materie prime per l’industria della carta e del rayon viscosa. Attualmente vi sono interessanti iniziative di potenziamento della bioeconomia circolare che si ritrovano oltre che in agricoltura e zootecnica, anche nell’industria alimentare, nelle foreste, nella bioindustria, nella bioeconomia marina e acquicola. Fondamentale risulta poi l’attività della Agrifood & Bioeconomy FVG Cluster Agency che, assieme alla Regione, sta costruendo una vera e propria strategia regionale per la bioeconomia circolare.