Le voci del Comitato scientifico: intervista a Elio Borgonovi

Intervista a Elio Borgonovi, Docente senior di Management Pubblico, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Università Bocconimembro del Comitato scientifico del Salone della CSR.

La crisi da COVID-19 ha accelerato un processo di rafforzamento della resilienza trasformativa delle organizzazioni nella direzione di una crescita più giusta, sostenibile e inclusiva. A distanza di due anni dall’inizio della pandemia, qual è la sua opinione sul cambiamento in atto?

Ritengo che il processo attivato in modo drammatico da Covid-19 sia ancora in atto. La resilienza è in un certo senso un effetto automatico, mentre la trasformazione richiede un cambiamento culturale, prima ancora che di atteggiamenti e comportamenti. Quindi, è necessario continuare a investire nella formazione delle persone a tutti i livelli. Nei giovani per valorizzare il loro desiderio di vivere in un mondo migliore. Negli imprenditori e nei manager per stimolarli nella ricerca di modelli economici più sostenibili ed equi. Nei politici e nei manager pubblici per farli riflettere sulla loro responsabilità nel perseguire l’interesse generale.

Nel corso di un evento del Salone della CSR ha ricordato che ci può essere resilienza trasformativa quando si agisce come comunità. Il titolo scelto per la decima edizione del Salone è “connessioni sostenibili”. Qual è il suo pensiero su questo tema?

Negli ultimi anni si è parlato tanto di connessioni con riferimento alle reti informatiche, dimenticando o sottovalutando l’importanza delle relazioni tra le persone. Si è imposta una concezione individualistica che ha portato alla “società liquida” teorizzata dal sociologo Zygmunt Bauman. Per uscire da questa situazione e far riemergere una società che invece di esaltare solo gli individui vincenti sia in grado di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile, è necessario il rafforzamento delle connessioni sociali. Le comunità sono costituite da nodi forti (individui motivati, professionali e competenti) e da connessioni forti (senso di comunità). Se vi sono nodi forti e relazioni deboli, le reti si rompono.

Restando sul tema delle connessioni, possiamo chiederle una riflessione sul tema delle alleanze intergenerazionali in relazione allo sviluppo sostenibile?

Il XX secolo è stato caratterizzato dalle contrapposizioni quali economia e società, pubblico e privato, profit e non profit, efficienza ed equità e tante altre. Particolarmente dannosa è stata anche la contrapposizione tra generazioni che si è manifestata in diverse forme. Si è dimenticato il valore della staffetta generazionale connaturata alla vita biologica. La sostenibilità può essere garantita se, oltre alle connessioni di cui ho appena scritto, si rafforzano anche le connessioni tra le generazioni. Gli anziani possono mettere a disposizione l’esperienza e, in molti casi l’equilibrio, maturati nel mondo del lavoro o in altri ruoli sociali, gli adulti possono mettere in campo le energie e il senso di responsabilità di chi si trova in una posizione intermedia, i giovani possono mettere in campo la spinta innovativa derivante da energie fisiche e mentali in crescita, dall’apertura alle nuove tecnologie e da ideali non ancora condizionati da esperienze negative. L’alleanza consente soluzioni win-win, mentre le contrapposizioni generazionali portano a soluzioni win-lose.