Le voci dei protagonisti: intervista a Humana People to People Italia

Intervista a Alfio Fontana, Corporate Partnership & CSR Manager di Humana People to People Italia

Humana People to People Italia da più di vent’anni raccoglie e rivende abiti usati per il perseguimento della propria mission. Un esempio efficace di social business ed economia circolare.  Come è nata e come si è sviluppata l’idea?

Humana Italia fa parte della Federazione Humana People to People che venne fondata negli anni 70 in Danimarca da un gruppo di insegnanti e studenti come risposta alle disparità economiche e sociali. Durante un viaggio in India toccarono con mano l’estrema povertà economica e sociale del Paese e al rientro decisero di mobilitarsi per cambiare le cose. È così che nasce Humana People to People. Poiché la mission della Federazione è quella di finanziare progetti di cooperazione internazionale attraverso un modello di economia circolare, Humana cercò fin da subito di auto-finanziarsi attraverso la vendita di oggetti usati, per poi specializzarsi con il tempo soltanto in abbigliamento usato o vintage. In Italia siamo presenti da oltre 20 anni: ad oggi collaboriamo con circa 1.200 amministrazioni comunali nelle quali offriamo ai cittadini il servizio di raccolta e avvio a recupero degli abiti usati tramite i nostri contenitori stradali, abbiamo 5 impianti autorizzati alla gestione di tale materiale,11 negozi Humana Vintage e Humana Second Hand a Torino, Milano, Bologna, Verona e Roma e un e-commerce.

Humana Italia è membro della Federazione Internazionale Humana People to People che coinvolge 29 organizzazioni ed è presente in 45 paesi. Cosa significa per la vostra organizzazione far parte del Network?

Significa poter gestire tutti gli anelli della filiera della raccolta degli abiti, dal momento in cui il cittadino inserisce gli abiti nei nostri contenitori fino alla realizzazione vera a propria dei progetti di sviluppo in tutto il mondo, che sono implementati direttamente dalle altre associazioni Humana in loco. Questo permette non solo di gestire l’attività con la massima efficienza, ma anche di garantire la trasparenza e la rendicontazione del nostro operato. Inoltre in questo modo tanti piccoli gesti come quelli di portare gli abiti nei contenitori Humana sono in grado di generare un enorme impatto: solo nel 2021 la Federazione ha realizzato complessivamente oltre 1.200 progetti di sviluppo in Africa, Asia e Sud America, migliorando le condizioni di vita di 9,6 milioni di persone.

Quali progetti vi vedono maggiormente impegnati in questo momento?

Stiamo lavorando molto per creare soluzioni win-win che permettano ai nostri partner di sentirsi sempre più protagonisti attivi di un progetto di CSR: questo significa creare insieme una collaborazione che da un lato rispecchi l’identità dell’azienda, dall’altro risponda concretamente a un bisogno di una comunità dall’altra parte del mondo, ad esempio in Malawi o India. La forza del nostro network è anche quella di rendere possibile tutto questo.
Inoltre, siamo impegnati in diversi tavoli di lavoro sull’EPR (Extended Producer Responsibility) nel tessile e nell’abbigliamento, affinché questa evoluzione renda davvero l’intero settore un sistema circolare e sostenibile: per farlo, abbiamo cominciato a mettere in campo delle partnership di filiera che valorizzino le competenze di ciascun attore.