Filiere green: lo sviluppo di servizi per valutare la sostenibilità ambientale

Dal contributo di Giovanni Lombardo, membro del Comitato scientifico del Salone della CSR, per il libro Le rotte della sostenibilità (editore EGEA) disponibile a partire dal 2 ottobre 2018.

In ambito pubblico e privato il mercato delle dichiarazioni e degli studi ambientali di prodotto risulta in forte crescita, anche a seguito delle richieste dei partner più strutturati nelle diverse filiere e supply chain e, di conseguenza, in ogni ambito connesso all’internazionalizzazione delle imprese italiane e quindi all’export.
Un contributo notevole deriva anche dalla pubblicazione della Legge 221/2015, che ha recepito il Collegato Ambientale, che introduce lo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, avviando di fatto un nuovo mercato, legato alla definizione del primo schema certificativo nazionale sull’impronta ambientale di prodotto.
Pur trattandosi di uno schema volontario, si configura come un valido strumento per favorire la crescita di un “mercato verde”, proprio attraverso l’inserimento di criteri di preferibilità ambientale nelle procedure di acquisto anche della Pubblica Amministrazione.
In Italia è stato adottato il “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione” (PAN GPP), che definisce gli obiettivi nazionali, identifica le categorie di beni e servizi per i quali definire i criteri ambientali minimi (CAM) e fornisce linee di indirizzo per gli Enti Pubblici per promuovere l’adozione del GPP. Inoltre, la legge 221/2015 dedica l’intero Capo IV alle disposizioni relative al GPP; in particolare, è fatto obbligo per le pubbliche amministrazioni l’inserimento, nella documentazione di gara pertinente, di almeno alcune specifiche tecniche e clausole contrattuali contenute nei decreti che definiscono i criteri ambientali minimi relativi a diverse categorie di forniture e affidamenti.
Il codice degli appalti (d.lgs. 50/2016) recepisce le Direttive europee 23, 24 e 25 del 2014 in materia di aggiudicazione dei contratti di concessione, appalti pubblici e procedure d’appalto, tenendo conto proprio dei suddetti aspetti ambientali menzionati.
Le richieste green in tal senso, che pervengono dai partner più grandi delle filiere, conduce spesso anche alla stipula di partnership pubblico-private.

A fronte dei recenti mutati scenari “green oriented”, il mercato ha sviluppato strumenti software e anche nuove norme e regole precedentemente non esistenti, per garantire la comunicazione nella supply chain di informazioni ambientali certificate, attraverso etichettature ecologiche di tipo III (EPD, Environmental Product Declaration – Dichiarazione Ambientale di Prodotto), secondo lo standard UNI ISO 14025.

Per essere in grado di soddisfare le aspettative del mercato, le etichettature ecologiche devono essere predisposte nel rispetto di requisiti metodologici molto specifici e rigorosi, al fine di poter permettere un confronto tra dichiarazioni di prodotti analoghi, valutati in ottica ciclo di vita; o per poter rispondere ai requisiti specifici di affidamenti / appalti pubblici. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale definire regole di calcolo, rappresentate dalle product category rules (PCR) considerate documenti complementari ai requisiti generali dei programmi di etichettature ecologica (International EPS System®, EU Product Environmental Footprint, Made Green in Italy), predisposti per consentire una base tecnica volta alla verifica di parte terza degli studi “LCA (Life Cycle Assesment)” su prodotti e servizi. Tali “PCR” assumono anche valenza internazionale, previa consultazione aperta volta ad armonizzare le regole in modo che siano applicabili in ogni organizzazione di vari Paesi del mondo.

Le prestazioni ambientali dei prodotti vengono calcolate in accordo con i requisiti dell’International EPD® System e del PCR applicabile. La metodologia impiegata per la quantificazione delle prestazioni ambientali è la “Valutazione del Ciclo di Vita” (LCA), regolata dalle norme ISO 14040-14044.

L’LCA consiste in una tecnica di valutazione degli aspetti ambientali e dei potenziali impatti ambientali associati ad un prodotto o ad un servizio, mediante:
• la compilazione di un inventario di ciò che di rilevante entra ed esce da un sistema di prodotto;
• la valutazione dei potenziali impatti ambientali associati a ciò che entra ed a ciò che esce;
• l’interpretazione dei risultati riguardanti le fasi di analisi dell’inventario e di stima degli impatti in relazione agli obiettivi dello studio.
L’LCA studia gli aspetti ambientali e gli impatti potenziali lungo tutta la vita del prodotto (cioè “dalla culla alla tomba”): dall’acquisizione delle materie prime, attraverso la fabbricazione e l’utilizzazione, fino allo smaltimento.
Le principali categorie di impatto ambientale da tenere in considerazione riguardano l’utilizzo di risorse, la salute dell’uomo ed i connessi potenziali impatti ambientali.
L’LCA si basa quindi sull’analisi dell’inventario del “ciclo di vita”, cioè sulla raccolta e analisi di dati in ingresso ed in uscita, volta a stabilire un riferimento di base delle prestazioni di un dato sistema di prodotti, quantificando l’utilizzo di flussi di energia e di materie prime e le emissioni in aria, acqua e nel suolo (dati in ingresso ed in uscita) associati a quel sistema, non solo per il sistema intero, ma anche scomposto nelle sue unità di processo. Ciò consente anche l’identificazione delle unità di processo all’interno del sistema di prodotti che utilizzano le maggiori quantità di flussi di energia, di materie prime e che generano le maggiori quantità di emissioni, allo scopo di raggiungere i miglioramenti definiti.

L’LCA può fornire supporto per: ottimizzare il processo produttivo, ottenere una certificazione ambientale di prodotto, compensare le proprie emissioni.

Per l’ottenimento di una EPD è richiesta la presenza di uno studio LCA realizzato in maniera conforme con gli standard di riferimento che comprendono fasi definite, dall’identificazione dei prodotti oggetto dello studio alla redazione del documento conclusivo in conformità con i requisiti specificati nelle norme di riferimento.